Il ruolo di Rodrigo Bentancur

Che piaccia o meno, il centrocampo della Juventus ha un nuovo padrone. A causa del lento apprendistato dei due arrivi estivi Ramsey e Rabiot, della problematica situazione di Emre Can e delle difficoltà fisiche di Khedira, ormai spesso tormentato e da poco rientrato da un lungo infortunio, Rodrigo Bentancur sta trovando spazi e continuità in bianconero che forse neanche lui si aspettava a questi livelli in questa stagione col cambio di allenatore. Grazie al match di sabato pomeriggio con la SPAL, l’uruguaiano è giunto alla sua ventisettesima apparizione stagionale tra tutte le competizioni con la Juve, in cui Maurizio Sarri ha riscontrato spesso molta fatica nel fare a meno di lui. E anche nel confronto di Ferrara, in cui è stato impiegato da vertice basso in sostituzione dell’acciaccato Pjanic, il ragazzo di Nova Helvecia ha tirato fuori dal cilindro un’altra prestazione di straordinaria sostanza, ottima qualità e tanto sacrificio a supporto della manovra bianconera.

Ma cosa c’è di vero dietro alla sua esplosione?

L’opinione pubblica, compreso il popolo bianconero, è abbastanza spezzettata in due, tra chi reputa Bentancur un talento evidentemente scintillante e chi lo osserva ancora con un occhio critico, considerandolo altalenante e poco in linea in una formazione che punta ogni anno a conquistare la Champions League, nonostante le ultime prestazioni stiano andando in  una direzione tale da poter convincere anche i più scettici.  Come spesso accade, e come spesso ci piace credere per valutare il tutto con raziocinio, la verità può risiedere nel mezzo; o quantomeno nessuna delle due posizioni forti ci sembra totalmente priva di fondamento. E vediamo perché. E’ assolutamente innegabile che Rodrigo sia cresciuto esponenzialmente in questa stagione (inevitabilmente anche grazie al lavoro svolto su di lui negli anni passati da Massimiliano Allegri, specialmente a livello mentale e di personalità) e stia garantendo un ottimo apporto alla squadra attualmente allenata da Sarri, il quale si è accorto presto di poter contare sull’ex Boca a livello di corsa, efficacia e personalità. In assenza, in alternativa o spesso anche da prima scelta rispetto a figure più esperte nel ruolo come quelle sopracitate; i dati che spiccano maggiormente al momento riguardano un rapporto qualità/quantità importante nella zona nevralgica del campo: 90.1% di successo nei passaggi, 1.8 tackles e 1.4 intercetti a partita nel campionato italiano sono dati sicuramente da prendere in forte considerazione. Reali e consistenti sono però i margini di miglioramento di Bentancur, soprattutto, per ciò che riguarda la gestione di alcuni palloni bollenti in zone delicate di campo (il pasticcio di Verona è ancora sotto gli occhi di tutti), gli errori su alcuni appoggi semplici, o il posizionamento, in cui spesso difetta auto-costringendosi  a commettere falli inutili (quest’anno sono 9 i cartellini gialli collezionati, sicuramente uno sproposito).

(Credits: Serie A) Contro il Verona, Bentancur – nella posizione di mezzala destra – perde un pallone in zona sanguinosa, che porterà poi al gol del pareggio di Borini.

Qual è quindi il ruolo in cui può esprimersi al meglio e limitare i suoi difetti?

Probabilmente, quantomeno nella Juventus, la posizione a lui più congeniale è quella in cui Sarri lo sta proponendo più spesso, cioè quella di mezzala destra, in una zona di campo dove può sprigionare più facilmente corsa e dinamismo, inserirsi nei binari centrali con continuità nonostante una vena realizzativa non delle migliori (1 solo gol stagionale, condito però da 6 assist e da 1 keypass xGame), ma soprattutto dove i suoi errori in fase di palleggio – ancora un po’ troppo frequenti – possono essere coperti da due giocatori di maggior esperienza come Pjanic e Matuidi o eventualmente Rabiot, cresciuto notevolmente in queste ultime uscite anche nella considerazione del tecnico ex Napoli. In linea con il pensiero dello stesso Sarri (meglio da mezzala che da mediano, la sua idea per il vertice basso rimane sempre e comunque Miralem Pjanic quando disponibile), Bentancur non possiede ancora appieno le tempistiche di gioco e la capacità di proteggere il pallone che si richiedono nel ruolo-chiave di regista basso di un centrocampo a tre: compito che però, apprendendo dall’ex Roma almeno per ciò che riguarda la gestione dei tempi e l’aspetto puramente tecnico, potrebbe imparare a svolgere al meglio per il futuro o anche nel presente in caso di assenza del bosniaco offrendo in aggiunta una capacità difensiva più spiccata (1.3 duelli aerei vinti di media in Serie A), vista l’assenza di un regista puro alternativo in rosa. Di contro, può benissimo adattarsi – anzi, probabilmente stiamo parlando del sistema di gioco che lo esalta di più – in un centrocampo a due (come accaduto ai mondiali sotto la guida di Oscar Tabàrez e da sempre in nazionale nel 4-4-2), ma comunque preferibilmente in coppia con un giocatore più brevilineo, con frequenza di passo, e anche in possesso di discrete geometrie (Torreira l’esempio perfetto), che sappia proteggere le sue lacune e che possa permetterne i costanti strappi in mezzo al campo oltre che le occasionali sortite nell’area avversaria, eventualmente anche con un proficuo interscambio. Così impiegandolo i vantaggi sono molteplici, perché in uno schieramento di questo tipo non gli viene chiesto né il tempo/posizionamento del centromediano metodista, né il continuo inserimento in zona gol quasi imprescindibile per le mezzali moderne: la variabile del gol (il tiro è sicuramente un’arma da migliorare oltre che da incrementare, 0.4 tiri a partita nel nostro campionato) rimane ancora uno dei tabù di Rodrigo Bentancur.

(Credits: FIFA) In occasione dei Mondiali 2018 nel match contro la Francia, Bentancur, impiegato da interno in un centrocampo a due, vede comunque l’opportunità di inserirsi, ma allo stesso tempo di essere coperto dal suo compagno di reparto: in questo modo Tabarez ha permesso a Rodrigo di svolgere al meglio entrambe le fasi di gioco per tutta la competizione.

Al di là di tutti i fattori tecnico-tattici è evidente come Bentancur non fosse un giocatore poco dotato qualitativamente prima e come, allo stesso tempo, non si tratti di un fenomeno assoluto ora che sta trovando consensi e costanza di rendimento. Il dato più interessante rimane ancora la sua età: a soli 22 anni compiuti(classe ’97) le prospettive di crescita che emergono ogni volta che lo si vede giocare sono a dir poco impressionanti. E questo lascia sempre ben sperare. Migliorando nel dettaglio i fondamentali che ancora lo vedono in difficoltà ed esaltando le sue peculiarità più sviluppate, potrà diventare senza troppi ostacoli una colonna della Juventus, o dell’eventuale squadra che vorrà puntarci, e della sua nazionale.