Diogo Dalot e un ruolo “alla Danilo”

Un saliscendi. Basterebbe questo termine per inquadrare la fin qui breve carriera di Diogo Dalot (22), che dopo grandissimi esordi con la maglia del Porto era stato scelto da Josè Mourinho per la fascia destra del suo Manchester United. Complice un rendimento poco consistente, i Red Devils non ci hanno poi creduto del tutto, probabilmente anche per lo stile di gioco di Dalot che non appariva pienamente adatto alle caratteristiche del football frenetico e ritmato che si gioca in Premier.

Anche al Milan a dire il vero, le prestazioni del portoghese sono risultate inizialmente abbastanza oscillanti, con l’alternanza tra prestazioni decisamente sottotono e ottime gare. Ora scalda già il tema sul suo riscatto, e sul suo futuro: l’offerta di Maldini è ferma per il momento a 14 milioni di euro, lo United ne chiede 21 totali).

In rossonero i numeri fanno registrare 24 presenze tra tutte le competizioni, condite da 2 gol (uno splendido a Verona) e 2 assist. Dopo aver ricoperto dal principio della stagione i ruoli di vice-Calabria e vice-Theo, con il passare delle giornate il classe ’99 è stato impiegato da Pioli con continuità sempre crescente. Certamente, per ora, senza dare la sensazione netta di potersi meritare un posto da titolare assoluto e indiscutibile nel Milan del futuro.

L’esultanza di Dalot dopo il suo primo gol in maglia rossonera.

Come abbiamo detto, Dalot viene dal Porto ed è arrivato in Italia dopo un’esperienza in Inghilterra; ha giocato in carriera, oltre che da terzino destro e sinistro, anche da difensore centrale e da mediano. Tutti tratti comuni con un altro “terzino” proveniente dalla Liga Portuguesa: Luiz Danilo.

Al di là del piede preferito (il destro), di una struttura fisica praticamente identica (184 cm per 78 kg entrambi), e al netto di una evidente differenza d’età ed esperienza i due sono abbastanza vicini anche per le attitudini, i comportamenti e i punti di forza in campo.

Per supportare questo parallelo e rendere minima giustizia a Dalot, arrivato in Italia in questa stagione, ho deciso di accostare i suoi dati a quelli della passata annata di Danilo, cioè la prima in maglia Juventus nel nostro campionato, visto e considerato anche l’upgrade del brasiliano in questo 20/21 che appare decisamente fuori scala.

Abbiamo già detto dei due gol in stagione, ma al di là di questo Dalot va spesso in avanti, anche verso la porta: quasi un tiro a partita (0.63), 2.5 cross e più di un dribbling x match (1.43) contro 0.51 tiri, 1.19 cross e 1.22 dribbling di Danilo lo scorso anno.

Dalot nel momento della conclusione, poi terminata all’incrocio dei pali, nel match di Verona contro l’Hellas.

Anche difensivamente, i numeri di Dalot appaiono migliori di quelli della prima versione italiana di Danilo: 4.9 recuperi palla (1.07 nella metà avversaria) contro 3.8 (0.84 metà avversaria), 5.3 intercetti e 3.3 tackles contro 3.9 e 2.4 del brasiliano. 10 contrasti e 2 duelli aerei vinti contro 7 e 1.40. Le differenze appaiono quindi anche abbastanza evidenti, a sottolineare il valore delle prestazioni di Dalot ma anche l’annata quasi disastrosa dal punto di vista della consistenza e dello spesso di Danilo sotto Sarri.

Ma veniamo adesso ai punti in cui i due ex Porto sono al momento più distanti, e che rappresentano anche le differenze più difficili da colmare per il ’99 portoghese.

Nella Juventus molto codificata di Sarri, lo scorso anno Danilo impostava comunque con continuità (58 passaggi medi con l’89% di precisione rispetto ai 49 passaggi e l’83% di precisioni di Dalot nel Milan di Pioli), tagliava spesso le linee, trovava soluzioni interessanti (0.51 keypasses contro gli 0.37 di Dalot) e perdeva meno palloni (4 contro 6, 0.81 nella sua metacampo contro 1.43).

Proprio in impostazione, nella gestione dei palloni in uscita dal basso e nelle scelte, Dalot deve alzare il livello. E’ evidente però che gran parte della personalità, delle scelte e dei tempi, così come l’idea di far giocare Danilo (già in età più matura) come terzo centrale di difesa e quasi centrocampista, si sia materializzata sotto la guida di un visionario come Pep Guardiola nell’esperienza al City.

Dalot a tratti funge già terzo centrale in impostazione, specialmente quando Theo si alza e si apre dall’altra parte. Qui nel match con l’Inter porta palla e si prepara al cambio gioco sul lato forte rossonero.

Dal suo canto Dalot è ancora molto giovane (22 anni) e ha tanto margine di miglioramento. Potrà quindi negli anni, con l’aiuto di contesti e allenatori che credono in lui (come il Milan di Pioli sembra orientato a comportarsi), crescere notevolmente e svilupparsi magari proprio nella posizione di esterno basso che viene dentro al campo in impostazione. Seguendo in questo caso l’evoluzione di Danilo, con l’obiettivo di diventare – alla pari del ventinovenne brasiliano – una pedina fondamentale in una squadra importante che mira a proporre un calcio fluido, qualitativo e possibilmente vincente.