L’Italia di Mancini: una nazionale abbondante

Se oggi ci chiedessero di scegliere personalmente solo i ventitrè convocati dell’Italia in vista degli Europei che si disputeranno in estate probabilmente ognuno avrebbe difficoltà e più di qualche dubbio – forse risolto poi per gusto più che per considerazione del valore oggettivo – su come assegnare alcuni slot, magari gli ultimi disponibili dove potrebbero presentarsi dei ballottaggi per cui davvero dover essere costretti a tirare la monetina.

Questo accade principalmente perché, ormai abbiamo imparato a ripeterlo, il lavoro di Roberto di Mancini e dello staff della nazionale è stato ottimale, forse addirittura al di sopra delle aspettative. In questi tre anni di mandato il CT, oltre ad aver ristabilito sicurezze, unito il gruppo e creato un buon amalgama tra i giocatori-chiave, ha alzato il livello medio della rosa a sua disposizione in modo impressionante, ampliando e aprendo i giri di convocazioni anche a tanti giovani emergenti, attaccanti esperti o interpreti considerati inizialmente di secondo piano, ma poi pienamente meritevoli quantomeno di un’occasione.

Inoltre, il sistema di gioco della Nazionale si è trasformato man mano, nel corso del tempo, in un contesto tattico sempre più provato e oliato che si evolve dal 4-3-3 di partenza al 3-4-2-1 di sviluppo e definizione, all’interno del quale ogni elemento invitato a rispondere alla convocazione ha potuto e può trovare una sua collocazione ideale. Quella in cui poter rendere al massimo delle proprie potenzialità e nel rispetto praticamente assoluto delle caratteristiche individuali.

Partendo dal ruolo dell’estremo difensore, meno dipendente dal modulo e dalla filosofia tattica, troviamo già diversi elementi interessanti: sicuramente il titolare indiscusso del ruolo è Gigio Donnarumma e l’alternativa naturale è Sirigu, ma dopo di loro i vari Meret, Cragno (forse favorito), Silvestri, Sepe, Perin e Audero, potrebbero tutti, chissà, giocarsi un posto avendo buona parte di stagione davanti per poter dimostrare il loro valore.

Terzino destro titolare, con compiti tattici, posizionali, e d’impostazione a tre? Florenzi attualmente è il preferito da Mancini e probabilmente quello con status più europeo, ma Di Lorenzo, D’Ambrosio, un ritrovato Calabria, Mancini e Izzo possono tutti ricoprire questa casella. E lo hanno dimostrato nelle apparizioni in cui sono stati presentati in questa posizione con la maglia azzurra.

Capitolo centrali. Bonucci e Chiellini (se integro a maggio) sono al momento indiscutibili, dietro di loro a oggi sembrano esserci Acerbi, per aggressività, e Bastoni, per capacità in impostazione. Ma per Romagnoli (e Mancini, nel caso non venisse “scelto” da terzino destro) nulla da fare? I due terzi di stagione che mancano potrebbero dirci qualcosa in più, ma sempre con la sicurezza del fatto che verranno chiamate quattro opzioni di assoluto valore.

A sinistra in realtà i giochi sembrano essere abbastanza fatti: qui l’esterno è chiamato al lavoro di spinta continua per trasformare la difesa da quattro a tre, spaccando la corsia e risultando un moto perpetuo. Emerson, con il suo backup naturale Spinazzola, appaiono ora sicuri di una convocazione per qualità, tecnica, corsa, mobilità, e continuità offerta a supporto dello sviluppo di gioco su quello che a livello di costruzione sarà sicuramente il nostro lato forte. Luca Pellegrini e Biraghi le altre ipotesi, più difficili e remote.

Metronomo time. Jorginho regna abbastanza tranquillamente in questa posizione. In sua assenza, diversi i profili che potrebbero prenderne il posto, ma tutti con caratteristiche differenti. I vari Locatelli, Sensi, Tonali e Cristante, provati in questo ruolo, possono garantire un’impostazione abbastanza pulita, ma di certo non i tempi e i mezzi-tempi dettati perfettamente dal giocatore del Chelsea in entrambe le fasi.

Mezzali: 4 posti per 6 giocatori? Verratti, Barella e a questo punto anche Locatelli si stanno procurando un ruolo assolutamente certo nella rosa azzurra. La quarta mezzala può essere un rebus: chi scegliere tra Pellegrini, che può disimpegnarsi anche più avanti, lo stesso Sensi (sperando nel mese di grazia), magari più difficilmente Castrovilli e Soriano, i quali offrono qualità offensiva, e Sandro Tonali, l’unico che probabilmente potrebbe prendere un po’ in carico i compiti che svolge Barella a livello muscolare e di pressione sul possesso avversario? La parola, qui, passa sempre al prosieguo della stagione di club oltre che alle esigenze tattiche, di intensità e ritmo di Mancini, il quale più volte ha presentato il giocatore del Milan nel ruolo di mezzala destra in assenza dell’interista ex Cagliari.

Passando davanti, a destra, troviamo probabilmente la posizione in cui ci sono al momento i maggiori dubbi e gli svariati ragionamenti ipotetici. Il primo nome che va fatto è quello di Chiesa, parso il più autorevole proprietario del ruolo a tutta fascia in fase di possesso; poi però c’è l’incognita su Nicolò Zaniolo, potenzialmente la vera e propria stella della nazionale se rientrerà anche all’80% della sua condizione. Solo in alternativa la scelta appare tra Federico Bernardeschi e Domenico Berardi, con il primo che offre maggior copertura e corsa, e il secondo che accentrandosi può dire la sua con giocate di assoluta qualità. A margine ci sarebbe anche Riccardo Orsolini, colui che però in questo momento ha di fronte più di qualche gradino da scalare per sperare una convocazione.

L’altro versante, nel ruolo di titolare, ha una certezza piuttosto marcata. Su Lorenzo Insigne, infatti, è stata posta un’investitura importantissima a livello tecnico, di inventiva e qualità nello sviluppo di gioco offensivo, favorendo tra l’altro le continue sortite del laterale sinistro basso. In sua assenza provati Lorenzo Pellegrini, come dicevamo, El Shaarawy e anche Grifo molto apprezzati dal ct. Tutta gente che nonostante il livello differente può accentrarsi molto e lasciare spazio libero su quella corsia. Diverso il discorso per Chiesa, che ricoprirebbe differentemente questo ruolo se dirottato in caso di necessità da destra a sinistra.

Davanti l’ultimo rebus, tre attaccanti che potenzialmente potrebbero arrivare a maggio sullo stesso livello e tra i quali dover scegliere verosimilmente solo due nomi. Il Gallo Belotti, fondamentale nella fase di riaggressione alta, Immobile, comunque un marcatore importante e Moise Kean, che oltre alla crescita palesata al PSG ha dimostrato di poter rappresentare una valida alternativa anche da punta esterna. Ah, e non dimentichiamoci di Ciccio Caputo, probabilmente a livello tecnico, di movimenti e partecipazione offensiva, il fit più adatto per una squadra che propone un certo tipo di calcio. La sensazione è che anche in questo caso la decisione potrebbe rimanere appesa a un filo fino all’ultimo.

In sostanza, però, ci sarà poi da valutare quanto la varietà nelle possibili scelte potrà rappresentare un vantaggio in termini spicci di risultati per vedere la nostra selezione andare il più avanti possibile nella manifestazione continentale. Negli undici titolari, e anche analizzando le alternative, la rosa sembrerebbe molto adatta a manifestazioni o magari qualificazione lunghe e probanti (come dimostrato dalla lunga striscia positiva di risultati in questi ultimi due anni), avendo a disposizione materiale umano di livello medio importante e molti elementi che potrebbero essere alternati senza perdere troppa qualità nella posizioni-chiave e soprattutto quella freschezza fisico-atletica imprescindibile nel calcio propositivo, aggressivo e innovativo del Mancio.

Le difficoltà, magari già proiettando lo sguardo a un ipotizzabile raggiungimento della fase a eliminazione diretta, potrebbero arrivare di fronte ad avversari di calibro più importante con individualità di gran lunga più spiccate delle nostre. Quanto si farà sentire la mancanza di figure spiccatamente sopra la media, soprattutto a livello offensivo quando ci sarà dà colpire nei momenti decisivi e uscire dagli schemi, o in mediana quando la nostra opponente potrebbe schiacciarci e costringerci a rincorrere la palla?

Quesiti che troveranno una risposta solo sul campo, ma sicuramente difficoltà che, in mancanza di vere e proprie star, potranno essere risolte solo da un’Italia di forte e riconoscibile sistema, che metterà sul piatto coesione, compattezza, spirito di sacrifico e organizzazione maniacale di tutte le fasi di gioco. Abbiamo già dimostrato di poter avere nelle corde queste qualità, ma a giugno saremo costretti a confermarlo ai massimi livelli.